“Il cammino di Arianna”: un percorso di guarigione dalla bulimia

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In questa puntata di “Psicologia per Tutti” presento il libro della blogger, esploratrice e scrittrice Elisa BersaniIl cammino di Arianna“, di cui ho scritto la prefazione.

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Un viaggio … particolare

È ben noto che il tema del viaggio, da Ulisse ai tempi più recenti, è collegato alla scoperta e alla crescita dell’individuo e del gruppo. La scrittrice di Il cammino di Arianna si aggancia a questa tradizione culturale aggiungendoci un tocco personale. Sono diversi i livelli metaforici che la protagonista affronta nel proprio viaggio: tramite l’azione concreta del camminare verso Compostela viene evidenziato il percorso di crescita personale di Arianna e dell’amica, in simbiosi col peregrinare sacro di tutti i viandanti, inscritto in una cornice generale di spiritualità. Arianna compie un percorso che si somma ai tragitti di migliaia e migliaia di viaggiatori, un itinerario sacro e millenario. Si tratta di una metafora dentro la metafora. Il lettore si trova davanti alla crescita personale non solo di Arianna e dell’ amica, ma anche dei pellegrini che le protagoniste incontrano nel loro viaggio.

Arianna evolve in questo viaggio, come evolvono le persone che incontra nel pellegrinaggio: “Ancora una volta sembrava che il cammino assemblasse le persone, in un meraviglioso puzzle” (cit. dall’opera).

“Tornerai al tuo passato. E scaverai rispettando i tuoi modi e i tuoi tempi”

È un libro che spinge al cambiamento, si corre sulle pagine, come in un film. Non a caso Arianna e l’amica hanno 18 anni, una fase della vita significativa dal punto di vista dello sviluppo. Le due protagoniste hanno da poco concluso gli esami di maturità e decidono di intraprendere un viaggio in cui cristallizzeranno le mete raggiunte nella “Credencial del Pelegrino”, il documento cartaceo ufficiale del Cammino di Santiago. Per loro potrà essere comparato ad esame di maturità dove si evolve passo dopo passo.

L’adolescenza è proprio il periodo che noi, psicologi-psicoterapeuti, definiamo come acme nel “processo di individuazione-separazione”. I ragazzi, partendo dal proprio retroterra culturale, dalle proprie esperienze, imparano attraverso prove ed errori ad esplorare il mondo e a pensare con la loro testa. Durante l’adolescenza si impara a riflettere, a costruire teorie sul mondo, si danno spiegazioni complesse sulla realtà circostante, si elabora una propria visione del mondo.

È durante l’adolescenza che inizia svilupparsi il pensiero riflessivo, ben visibile in Arianna.

Il pensiero riflessivo va di pari passo alla scoperta che la vita è fatta di incongruenze, come quando Arianna si sorprende che l’amico pellegrino festeggi con una bottiglia di vino l’apertura della nuova sede aziendale in Svizzera, e lei stupita afferma: “Avevo capito che tu volessi più libertà da questo cammino, eppure stai andando nella direzione opposta”. Qui si intravedono ancora le tracce del ragionamento totalizzante tipico dell’infanzia, caratterizzato dal ragionare per estremi.

In questo periodo è presente anche la fase della rabbia in cui il giovane inizia a percepire le mancanze e i punti deboli dei genitori e a ricercare punti di riferimento esterni, come il gruppo dei pari. Arianna e Lamia alternano nella loro profonda amicizia e intimità dalla gelosia nei rapporti con i ragazzi alla smaniosa volontà di ciascuna di affermarsi quale entità autonoma. “Erano due entità distinte e dovevano solo imparare ad accettarlo. (…) si sentiva egoista nei confronti dell’amica quando cercava di ribellarsi a quel senso di soffocamento che le si avvinghiava addosso, come lei fosse la diretta responsabile della ragazza”.

Nel viaggio appaiono altre persone che accrescono di nuove esperienze le due protagoniste: tutte esistenze differenti da loro eppure arricchenti. “Ogni persona sul cammino contribuisce alla nostra trasformazione”.

La conoscenza e la trasformazione di sé avviene nella relazione con l’altro, come afferma lo psichiatra Liotti in Le opere della coscienza: “L’idea che sia possibile studiare la mente individuale isolata è del tutto illusoria, ed ogni esperienza soggettiva può essere compresa adeguatamente solo tenendo conto del contesto interpersonale da cui emerge e a cui si riferisce”.

Il cambiamento comporta la necessità ripensare al passato: la narrazione è puntellata di ricordi d’infanzia da cui Arianna cerca di prendere le distanze, considerando gli errori dei propri genitori e guardando diversamente al passato: “Tornerai al tuo passato. E scaverai rispettando i tuoi modi e i tuoi tempi”. La narrazione è un continuo altalernarsi tra un passato oppressivo, limitante, e un presente di novità che vanno a contaminarsi.

La bulimia e la capacità di scegliere

Arianna intraprende il viaggio in una fase della vita in cui, durante l’arco della giornata, alterna momenti di fame incontrollata. Questo problema viene chiamato bulimia. La bulimia è un disturbo della condotta alimentare, caratterizzato dal bisogno compulsivo di ingerire quantità di cibo spropositate, unito ad una spiacevole sensazione di non essere capace di controllare il proprio comportamento. Questo disturbo della condotta alimentare può comparire improvvisamente, ma il più delle volte è preceduto da stati emotivi quali ansia, tristezza, rabbia, depressione, solitudine, esperienze di vita deludenti.

Nel caso specifico di Arianna: perché Arianna è bulimica? Perché vuole crescere ma allo stesso tempo ha paura, perché non sa come si fa. Crescere non è sempre facile: significa rinegoziare aspetti del passato per modellare il proprio futuro.

Molto spesso le problematiche alimentari si collegano al controllo sul corpo (sede e veicolo di ogni forma di emozione) e al continuo contrasto tra mantenere o perdere la capacità di esercitare questo controllo. Controllare tutto significa credere di governare le proprie emozioni, sentirsi autonomi anche da chi ci ha ferito o da chi potrà ferirci. Arianna inciampa tra il tutto (ingurgitare qualsiasi cosa) e il niente (vomitare, assumere lassativi, costringersi ad una dieta restrittiva).

E qui entrano in gioco la rabbia e la malinconia legate alle esperienze più traumatiche della sua vita e il rifiuto di quelle stesse esperienze, fino a vomitarle. “Vaffanculo a tua madre, a tuo padre, ai tuoi nonni (….) vaffanculo a Celeste che se n’è andata lasciandoti qui, da sola”.

Crescere vuol dire imparare a distinguere cosa ci fa bene e cosa ci fa male, imparare a reagire allo stress per scegliere la propria felicità liberi da vincoli.

Lo stomaco di Arianna, alla fine della storia, imparerà a reagire anche alle esperienze positive: “La sua pancia era monitorata da un impulso irrefrenabile: doveva uscire dalla stanza e tornare dal pellegrino ammaliante e lasciasi andare a lui”.

La terapia con chi soffre di bulimia

Nella psicoterapia della bulimia è utile lavorare su due livelli, innanzitutto sul controllo del problema attraverso tecniche di auto-monitoraggio (ad esempio tenere un diario giornaliero dove la persona segna l’umore e le circostanze specifiche di quando ha avuto l’abbuffata) affinché la persona inizi a sentire il problema più separato da se stessa, così da poter esser meglio controllabile. L’esercizio del diario inoltre ha la significativa importanza di mostrare alla persona, nero su bianco, quali sono le circostanze che la fanno reagire con il sintomo bulimico.

Allo stesso tempo, si lavora con l’ipnosi. Ci sono varie modalità, in questa sede intendo citare la tecnica ipnotica della “negoziazione tra le parti ” attraverso la quale si va a indagare quando esattamente è sorto il sintomo bulimico, e che funzione aveva avuto all’epoca -perché un sintomo ha sempre una funzione protettiva per la persona!-. Dopodiché si fa dialogare la parte che vuol cambiare con la parte del sintomo bulimico per trovare un nuovo modo di affrontare la vita. Così facendo si aiuta la persona a reagire diversamente nelle situazioni che solitamente fanno scattare alla persona la modalità dell’abbuffata.

Dott. Matteo De Tomi