Ansia, depressione e alimentazione

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      lo scaffale pt1 alimentazione e psicologia

Eventi stressanti, come la fine di una relazione oppure una delusione al lavoro o nei rapporti amicali o familiari possono portare la persona a sperimentare vissuti di ansia e di depressione.

La scelta di alimenti grassi e zuccherini deriva dal fatto che queste sostanze hanno un effetto sedativo nel nostro cervello. I dolci, i cibi grassi e ricchi di carboidrati sono in grado a livello biologico infatti di migliorare i nostri stati d’animo.

A lungo andare però l’abuso di alimenti grassi e zuccherini porta ad effetti depressivi:

Lo studio dell’endocrinologo svedese Nystrom dimostra come le persone che mangiano spesso e continuamente cibi molto grassi o dolci a lungo andare iniziano ad avvertire i sintomi della depressione.

Quando si soffre d’ansia o di depressione è meglio allora evitare di mangiare troppo e male, ma consultare uno psicologo specialista che aiuti la persona ad affrontare in modo diverso le problematiche derivanti da eventi stressanti.


Depressione maggiore: perché una terapia integrata?

Per una terapia integrata della depressione maggiore

Tutti noi abbiamo avuto l’esperienza di qualche sintomo depressivo: ci si sente tristi, più stanchi, abbiamo poca voglia di fare, si preferisce il letto ad ogni cosa anche più piacevole … .
Quando abbiamo dei sintomi depressivi ne risente non solo la mente ma anche il corpo (stanchezza, problemi del sonno, perdita o aumento dell’appetito). Qualche momento depressivo è normale, ma quando la situazione dura per troppo tempo e diventa invalidante allora il ricorso ad uno psicoterapeuta esperto può fare la differenza.

Esistono vari tipi di depressione, propongo qui l’elenco dei sintomi più frequenti della depressione maggiore secondo il Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali:

1) Umore depresso (ma anche accessi di rabbia o frustrazione). Nei bambini e adolescenti può esserci aumento irritabilità
2) Diminuito interesse o piacere per tutte, o quasi, le attività
3) Perdita o aumento significativi del peso o dell’appettito
4) Insonnia o ipersonnia
5) Rallentamento o agitazione psicomotoria
6) Affaticamento o perdita di energia
7) Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi
8) Diminuita capacità di concentrarsi, indecisione
9) Pensieri di morte
In questo articolo voglio analizzare e sottolineare l’importanza di una terapia integrata nei casi di gravi depressione: ovvero di una depressione maggiore, o di una depressione che si ripete varie volte a distanza di anni (depressione ricorrente). Parlando di terapia integrata intendo la coordinazione tra:

1) Terapia farmacologica
2) Psicoterapia individuale
3) Colloquio familiare/di coppia
Perché il colloquio familiare?

Quando prendo in carico una persona sofferente di depressione da molto tempo sono solito convocare anche le persone con cui vive (familiari, partner, figli) al fine di informare la famiglia su cos’è oggettivamente la depressione.
Mi capita varie volte durante i primi colloqui di indagare con i familiari la loro idea del problema e mi riferiscono che non sanno esattamente cosa sia la depressione. Certo, sappiamo tutti cosa fa una persona tipicamente depressa (cerca di stare a letto il più possibile, appare triste, demotivato, mangia meno, …), ma molto spesso questi familiari attuano delle modalità che non sono utili al miglioramento del paziente!
Spesso dicono, in buona fede:
“dai, hai tanti motivi per essere felice!”,
“serve la forza di volontà!”,
“è tutto nella tua testa!”.

Io dico sempre: se una persona sta camminando con difficoltà e un’altra persona per aiutarlo inizia a spingerlo in avanti o a tirarlo, la persona cade.

Nel primo colloquio familiare spiego cos’è oggettivamente e scientificamente la depressione, quindi inquadrando:
Fattori biologici (vedi il video, tratto da una puntata televisiva condotta dal collega dott. Varotto)



Schemi di pensiero: la persona depressa ha un modo di pensare particolare caratterizzato da distorsioni cognitive, cito quali a mio parere clinico sono basilari:

Confronto con il passato: la persona depressa pensa sempre al passato, confrontandolo con il presente, e non vedendo più un futuro. Per quanto tempo nelle prime sedute il paziente lamenta “Non sono più come prima …”, “Doveva vedermi l’anno scorso com’ero diverso”. La persona depressa è come si trovasse in un limbo di attesa, tra un passato ricordato come positivo e un futuro che non c’è … La persona depressa è molto legata al se stesso del passato, e non riesce a vedere quali cambiamenti importanti e positivi può fare per se stessa.

Generalizzazione: il dolore che prova lo trasporta in ogni ambito delle propria vita, anche in quello dove potrebbe trovare soddisfazioni e dove le avrebbe tutt’ora (esempio: “Mia moglie in realtà non mi ama, mi compatisce perché sono un fallito”, “Gli amici vengono a trovarmi solo perché faccio pena”, “La promozione al lavoro me la diedero senza crederci davvero”).

Egocentrismo negativo: “è tutta colpa mia”, “non servo più a niente”. La persona depressa generalmente vive sentimenti di senso di colpa. Lamenta di non essere più come prima, oppure di far star male le persone a lei vicine. Possiamo immaginare che peso si stanno mettendo sulle spalle. La persona depressa si assume tante colpe, in primis con se stessa: vorrebbe essere diversa da com’è, ma non ci riesce … quindi si sente in colpa.

Pretesa di standard elevati: molte persone perfezionistiche possono diventare depresse. Quando l’immagine di sé non corrisponde all’immagine ideale può avvenire la crisi.

Perché sottolineo l’importanza del colloquio familiare?

Per aiutare davvero la persona depressa e allo stesso tempo i familiari.

È utile spiegare le varie cause della depressione e i processi di pensiero che la mantengono cosicché:

– Il paziente non si senta più in colpa. Bisogna far capire alla persona che sì, in questo momento dominano degli schemi di pensiero non utili e a livello neurochimico ci sono delle problematiche, ma che ci sono molte altre risorse che si possono riattivare.

– I familiari non diano, in buona fede, tutta la responsabilità al loro caro e che non assecondino alcune idee del paziente. Ad esempio: quando il paziente in casa dice “non valgo più niente”, è inutile rispondergli “ma cosa dici! Ti ricordi come sorridevi una volta … dai che se ti impegni tra poco sarai come prima!”. La persona depressa necessità sì di una vicinanza dei familiari/partner/amici ma diversa dal solito. Quando una persona diventa depressa vuol dire che bisogna lavorare, in terapia, perché emergano altre parti di quella persona!
Circa l’importanza di una giusta informazione durante la cura, riporto in seguito un articolo apparso sul Corriere della Sera nell’ottobre 2014: La sindrome della porta girevole.

Nella psicoterapia individuale, sia nei casi gravi di depressione che nei casi di distimia, seguo il protocollo di cura del dott. Yapko, terapeuta noto a livello internazionale per il trattamento della depressione. Il lavoro individuale avrà l’obiettivo, passo dopo passo, di modificare gli schemi di pensiero negativi della persona per portarla a vivere esperienze positive dove sentirà di sentirsi attivo e dove potrà sentirsi in grado di immaginarsi nel futuro.

Dott. De Tomi