Shutter Island: la storia di una psicosi

Shutter Island: tra psicosi e relazione terapeutica

psicologo-verona-00Quando c’è qualcosa che non si capisce o che fa troppo dolore la persona può inventarsi una storia, perché una narrazione fa molto più piacere della confusione e della paura

Quando si guarda Shutter Island per la prima volta, il noto film interpretato da Leonardo DiCaprio, iniziamo un pò tutti a soffrire di psicosi come il protagonista: soffriamo come lui, abbiamo paura come lui, vediamo il mondo proprio come lo vede lui. Crediamo infatti a tutto ciò che crede lui (gli esperimenti sugli essere umani, la creazione di spie, …).

Quando però,  alla fine del film, gli si dice che tutto ciò che credeva era un delirio, tiriamo tutti un sospiro di sollievo pensando magari “ecco dai, non era vero!” … il protagonista però, Andrew, non la pensa allo stesso modo … anzi: continua a credere al proprio delirio e sviene. Non riesce a credere di essere in un manicomio e di aver ucciso la propria moglie perché ciò è inaccettabile, è stato meglio quindi per lui costruirsi una realtà delirante. Meglio il delirio psicotico che prendere coscienza di quanto avvenuto.

Come si generano le psicosi?

Le cause della psicosi sono molteplici, sono sia di tipo organicistico che di tipo psicologico-relazionale. Molto spesso le psicosi iniziano a manifestarsi dopo un trauma: il trauma, proprio perché inaspettato, travolge la sicurezza del soggetto che lo subisce: in situazioni altamente stressanti il corpo si inonda di ormone cortisolo, un agente chimico che ha mostrato di bloccare il funzionamento dell’ippocampo. L’effetto del blocco dell’ippocampo può portare anche al blocco della formazione di ricordi espliciti. Ciò può creare l’equivalente di un blackout, una forma chimicamente indotta di dissociazione.

Allo stesso tempo la stessa reazione intensa al trauma ha prodotto un alto livello anche di adrenalina, che agisce per cauterizzare, nella memoria implicita, le tracce dell’originaria esperienza traumatica.

Psicosi: la creazione di una nuova realtà

Ma la mente deve crearsi una storia. Il nostro cervello è costruito per darsi sempre delle spiegazioni, ad ogni cosa. La mente di Andrew, quindi, crea una realtà delirante per compensare un vuoto traumatico.

Il delirio psicotico è l’estrema difesa rispetto alla confusione e al non senso. Molto spesso infatti molte psicosi sorgono dopo traumi ripetuti o da segreti familiari che si tramandano di generazione in generazione. La persona allora si racconta una storia, rigida, inattaccabile (siete mai riusciti a controbattere una persona che sta delirando?)… per darsi un significato…trovare una soluzione.

Quando c’è qualcosa che non si capisce o che fa troppo dolore la persona può inventarsi una storia, perché una narrazione fa molto più piacere della confusione e della paura

La relazione tra lo psichiatra e il paziente

psicologo-verona-0000Nel film si assiste anche all’idea terapeutica legata alla compresione del delirio da parte del terapeuta per aiutare il paziente a cambiare. Il dottor Sheehan per buona parte del film si “connette” al delirio di tipo persecutorio di Andrew per aiutarlo stando al suo gioco.

Si tratta di una pratica molto importante che soggiace all’idea che per aiutare una persona bisogna in primis entrare nel suo mondo.

Come finisce realmente il film Shutter Island?

Alla fine del film Andrew dice al dott. Sheeahan “dobbiamo scappare da qui”, facendo quindi capire al dottore e a noi spettatori che probabilmente Andrew è tornato nel suo delirio. Poi afferma: “Meglio vivere da mostro o morire da persona per bene?” dice alla fine del film Andrew, autocondannandosi così alla lobotomia.

A mio parere ci sono due punti di vista sul finale:

Punto di vista clinico: un soggetto sofferente di psicosi con deliri può tornare facilmente a delirare. Quindi probabilmente Andrew sta semplicemente tornando a delirare

Punto di vista non clinico: Andrew, resosi conto di aver ucciso la moglie, preferisce farsi lobotomizzare piuttosto che ricordare ciò che ha fatto