L’autostima: il nostro sistema immunitario della mente

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      Lo scaffale pt2 L'autostima, il sistema immunitario della mente

autostima Durante l’intervista con Radio RCS spiego cosa vuol dire avere una buona autostima:

Tutti hanno autostima, ciò che ci differenzia è la qualità dell’autostima, a mio parere l’autostima è come il sistema immunitario della mente.

Quali sono i tre punti basilari dell’autostima?

1) Avere un’immagine di se positiva

2) Sentire di potersi fidare di se stessi

3) Volersi bene

Come è possibile ottenere i tre punti basilari dell’autostima?

Ci sono 6 pratiche utili da seguire seguire:

1) Consapevolezza.  Ovvero essere consapevoli di ciò che si sta facendo nella vita e di come gli altri si comportano con noi. “Cosa sento in questo momento con questa persona?”, “Con questa persona mi sto comportando bene?”, “So dove voglio arrivare”

autostima_verona_12) Accettazione. “Sarò amico di me stesso“. Ovvero, accetterò ciò che provo, non mi combatterò. Se provo qualcosa vuol dire che c’è qualcosa che devo sentire. L’accettazione è importante anche nelle relazioni sentimentali: “Lui/lei mi ha lasciato, va bene … ho combattuto, ce l’ho messa tutta ma è finita, non mi vuole più. Rispetto me stessa/o e lui/lei lasciando che possa andare”. Possedere una sana autostima vuol dire quindi non cercare continuamente negli altri il valore di sé.

3) Responsabilità. “Mi prendo la responsabilità delle mie azioni“. Ovvero, sono consapevole che di molte cose sono anche io parte attiva, anche io ho avuto un ruolo e ho un ruolo tutt’ora.

Responsabilità vuol dire anche “capacità di rispondere” agli eventi. Ecco perché parlo di “sistema immunitario della psiche“. Avere fiducia in se stessi e volersi bene ci apre le porte per saper rispondere in modo utile agli eventi che ci provocano dolore.

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4) Affermazione. “Io esisto“. Accettazione significa potersi permettere di esprimere se stessi. “Posso esprimere la mia idea”. Se, nel rispetto degli altri, facciamo e diciamo ciò che riteniamo giusto per noi e secondo i nostri valori l’autostima ne uscirà ancora più rafforzata.

5) Darsi un obiettivo. Sapere cosa si vuole raggiungere nel breve e/o nel lungo termine e sapere come fare è un passo importante per mettere alla prova la propria autostima. Allo stesso tempo, conquistato un obiettivo, anche piccolo, il senso di sicurezza di sé ne viene rafforzato.

6) Integrità personale. Si tratta di una pratica per l’autostima e allo stesso tempo del risultato finale. Integrità personale vuol dire far sì che i propri comportamenti, corrispondano ai valori che sentiamo importanti per noi. Cito sempre l’esempio di una persona che non ha mai considerato etico e corretto andare a caccia, proprio perché distante dai propri valori , e che un giorno per provare e accontentare un gruppo di amici partecipa ad una battuta di caccia … dopo aver ucciso un animale inizia sentirsi male: non si riconosce più, iniziano quindi crisi di ansia e di tristezza. Il sé ideale, i propri valori si sono scontrati con un comportamento che non gli appartiene.

Esiste un aiuto pratico per migliorare la sicurezza di sé?autostima_verona_4

Sia in ambito clinico che nell’ambito dei corsi sulla sicurezza di sé mi avvalgo di precise tecniche volte a ricostituire, ritrovare o restaurare una parte di sé che possa aiutare la persona a stare meglio (per approfondire guarda questo video). La mia idea fondamentale, e che riscontro nella quotidianità dell’esperienza clinica, è che tutti noi abbiamo delle risorse, il problema è che a volte non le mettiamo dove servirebbero! Ecco allora l’utilità di riprendere in mano quella nostra parte di noi “forte”, che “ci vuole bene” e chiederle di darci una mano nei momenti difficili.

Ritrovata, ricostituita questa parte “Amica” si andrà ad aiutare la persona a sperimentarsi con queste nuove risorse nelle situazioni di ansia o di paura. Con la pratica, la persona scoprirà di sentirsi più sicura di sé e di saper reagire diversamente alle situazione di stress o di tristezza.

Se vuoi leggere il mio racconto citato nell’intervista clicca qui sotto

Lady Gugly Ingrassa Sempre Più


Depressione maggiore: perché una terapia integrata?

Per una terapia integrata della depressione maggiore

Tutti noi abbiamo avuto l’esperienza di qualche sintomo depressivo: ci si sente tristi, più stanchi, abbiamo poca voglia di fare, si preferisce il letto ad ogni cosa anche più piacevole … .
Quando abbiamo dei sintomi depressivi ne risente non solo la mente ma anche il corpo (stanchezza, problemi del sonno, perdita o aumento dell’appetito). Qualche momento depressivo è normale, ma quando la situazione dura per troppo tempo e diventa invalidante allora il ricorso ad uno psicoterapeuta esperto può fare la differenza.

Esistono vari tipi di depressione, propongo qui l’elenco dei sintomi più frequenti della depressione maggiore secondo il Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali:

1) Umore depresso (ma anche accessi di rabbia o frustrazione). Nei bambini e adolescenti può esserci aumento irritabilità
2) Diminuito interesse o piacere per tutte, o quasi, le attività
3) Perdita o aumento significativi del peso o dell’appettito
4) Insonnia o ipersonnia
5) Rallentamento o agitazione psicomotoria
6) Affaticamento o perdita di energia
7) Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi
8) Diminuita capacità di concentrarsi, indecisione
9) Pensieri di morte
In questo articolo voglio analizzare e sottolineare l’importanza di una terapia integrata nei casi di gravi depressione: ovvero di una depressione maggiore, o di una depressione che si ripete varie volte a distanza di anni (depressione ricorrente). Parlando di terapia integrata intendo la coordinazione tra:

1) Terapia farmacologica
2) Psicoterapia individuale
3) Colloquio familiare/di coppia
Perché il colloquio familiare?

Quando prendo in carico una persona sofferente di depressione da molto tempo sono solito convocare anche le persone con cui vive (familiari, partner, figli) al fine di informare la famiglia su cos’è oggettivamente la depressione.
Mi capita varie volte durante i primi colloqui di indagare con i familiari la loro idea del problema e mi riferiscono che non sanno esattamente cosa sia la depressione. Certo, sappiamo tutti cosa fa una persona tipicamente depressa (cerca di stare a letto il più possibile, appare triste, demotivato, mangia meno, …), ma molto spesso questi familiari attuano delle modalità che non sono utili al miglioramento del paziente!
Spesso dicono, in buona fede:
“dai, hai tanti motivi per essere felice!”,
“serve la forza di volontà!”,
“è tutto nella tua testa!”.

Io dico sempre: se una persona sta camminando con difficoltà e un’altra persona per aiutarlo inizia a spingerlo in avanti o a tirarlo, la persona cade.

Nel primo colloquio familiare spiego cos’è oggettivamente e scientificamente la depressione, quindi inquadrando:
Fattori biologici (vedi il video, tratto da una puntata televisiva condotta dal collega dott. Varotto)



Schemi di pensiero: la persona depressa ha un modo di pensare particolare caratterizzato da distorsioni cognitive, cito quali a mio parere clinico sono basilari:

Confronto con il passato: la persona depressa pensa sempre al passato, confrontandolo con il presente, e non vedendo più un futuro. Per quanto tempo nelle prime sedute il paziente lamenta “Non sono più come prima …”, “Doveva vedermi l’anno scorso com’ero diverso”. La persona depressa è come si trovasse in un limbo di attesa, tra un passato ricordato come positivo e un futuro che non c’è … La persona depressa è molto legata al se stesso del passato, e non riesce a vedere quali cambiamenti importanti e positivi può fare per se stessa.

Generalizzazione: il dolore che prova lo trasporta in ogni ambito delle propria vita, anche in quello dove potrebbe trovare soddisfazioni e dove le avrebbe tutt’ora (esempio: “Mia moglie in realtà non mi ama, mi compatisce perché sono un fallito”, “Gli amici vengono a trovarmi solo perché faccio pena”, “La promozione al lavoro me la diedero senza crederci davvero”).

Egocentrismo negativo: “è tutta colpa mia”, “non servo più a niente”. La persona depressa generalmente vive sentimenti di senso di colpa. Lamenta di non essere più come prima, oppure di far star male le persone a lei vicine. Possiamo immaginare che peso si stanno mettendo sulle spalle. La persona depressa si assume tante colpe, in primis con se stessa: vorrebbe essere diversa da com’è, ma non ci riesce … quindi si sente in colpa.

Pretesa di standard elevati: molte persone perfezionistiche possono diventare depresse. Quando l’immagine di sé non corrisponde all’immagine ideale può avvenire la crisi.

Perché sottolineo l’importanza del colloquio familiare?

Per aiutare davvero la persona depressa e allo stesso tempo i familiari.

È utile spiegare le varie cause della depressione e i processi di pensiero che la mantengono cosicché:

– Il paziente non si senta più in colpa. Bisogna far capire alla persona che sì, in questo momento dominano degli schemi di pensiero non utili e a livello neurochimico ci sono delle problematiche, ma che ci sono molte altre risorse che si possono riattivare.

– I familiari non diano, in buona fede, tutta la responsabilità al loro caro e che non assecondino alcune idee del paziente. Ad esempio: quando il paziente in casa dice “non valgo più niente”, è inutile rispondergli “ma cosa dici! Ti ricordi come sorridevi una volta … dai che se ti impegni tra poco sarai come prima!”. La persona depressa necessità sì di una vicinanza dei familiari/partner/amici ma diversa dal solito. Quando una persona diventa depressa vuol dire che bisogna lavorare, in terapia, perché emergano altre parti di quella persona!
Circa l’importanza di una giusta informazione durante la cura, riporto in seguito un articolo apparso sul Corriere della Sera nell’ottobre 2014: La sindrome della porta girevole.

Nella psicoterapia individuale, sia nei casi gravi di depressione che nei casi di distimia, seguo il protocollo di cura del dott. Yapko, terapeuta noto a livello internazionale per il trattamento della depressione. Il lavoro individuale avrà l’obiettivo, passo dopo passo, di modificare gli schemi di pensiero negativi della persona per portarla a vivere esperienze positive dove sentirà di sentirsi attivo e dove potrà sentirsi in grado di immaginarsi nel futuro.

Dott. De Tomi